
In III Symposium Internazionale della Ceramica, catalogo, Bassano del Grappa, settembre 1978.
La paura del labirinto verticalizza il “processo” e il “graal” fa ascoltare la sua forma.
L’asse fisso del tornio ritualizza una nascita dove l’ombelico è senza memoria.
Il rito fa diventare culto la parola-segno e per contro la flessione diventa inflessione, opacità, codice dell’insonnia.
La spia non può richiamare lo stupore di Empedocle.
Il ritmo della terra è troppo lungo, l’ala del gabbiano si fa cenere- cristallo.
La materia nella memoria si fa memoria e diventa prensile solo allo sguardo, percorribile solo al concetto.
Nel loro possibile le cose possono vivere nei luoghi interdetti e fuori dei segni rassicuranti.