Nanni Valentini. L’inno della perla
Catalogo della mostra, Libreria Giulia, Roma, marzo 1985
Mi chiedo se ciò che ci giunge nel nostro guardare antiche sculture non sia una creatura concettuale ormai inestricabile dalle sue versioni storiche, dal discorso sulla scultura, se addirittura una “tradizione” non abbia preso il posto di ogni senso della creazione. Cosa muoveva gli spettatori greci o romani, o i pellegrini medioevali, quali sensi si facevano mediatori del ricordo, cosa rivestiva la carezza dello sguardo?
Come potè la stessa materia esprimere forze opposte come la levitante forma greca esorcizzante oscuri dèmoni e la gravità latina, l’avvento del peso terrestre, lo sconsolato gravare che muterà l’idea stessa di destino? Nascono queste domande quando la scultura mi riappare con gli antichi resti di Baiae, Wiligelmo e i mesi di Ferrara o con il persistente ricordo di Prassitele a Olimpia e il suo nucleo perenne che, infinitamente, si sfibra nella luce.
Che oggi la scultura, sulle sempre più pallide tracce degli stili, ci offra le sue eclettiche agonie non mi ha impedito di avvertire il bisogno di guardarla.
Ma che ne è del nostro guardarla? Come toccare ciò che vediamo? Mentre cammino tra le forme deposte sul pavimento nello studio di Valentini, tento sentieri che eludano l’improvviso squilibrio di tutte le torpide sintonie, di tutte le idee già pensate, dei preziosi appoggi critici che qui, improvvisamente, non servono a nulla.
Le materie nel loro lento ma vorticoso svellersi dal proprio giacere determinano un nucleo vuoto, di volta in volta interno o tangente o periferico, a conferma di un aggregarsi che aggira la tentazione di determinarsi a priori, come se volontà e materia attendessero il proprio combaciare nel coagulo del gesto e del fuoco. Valentini accoglie il farsi segno della terra, la sua spossata sostanza, ne converte la minacciosa inerzia imprimendovi la perturbabile mobilità della traslazione.
E dalla terra vediamo riaffiorare gli antichi presagi minerali, le vocazioni cromatiche degli impasti terrestri, le gamme dell’incandescenza.