Francesco Leonetti

Lettera a Nanni Valentini. Versi per un’annunciazione di Nanni
in “Nanni Valentini”, catalogo della mostra, Padiglione d’arte contemporanea, Milano, 19 gennaio / 20 febbraio 1984

Una mattina al mare ai primi di agosto, uno o due anni fa, nel 1981, mi pare, oltre Pesaro dove si trovano ancora pozze calde o bagnarole deliziose, e pontili sugli argini contro le mareggiate, fra strani abitatori sulla riva mangiata, ho parlato di te con Michele Provinciali; c’erano anche la Dolci e altri amici. Lui mi ha detto: “Il migliore delle Marche è Valentini insieme naturalmente a Pomodoro. È un grande vasaio, il più grande della tradizione italiana. E a tratti preferisce essere scultore”. Venivo appena, oltre che dalla visita con te a un’amica polacca con cena di tortelloni con cipolla al gusto ucraino, dalla lettura di un libro di Paolo, Il lanciatore di giavellotto dove c’è un (nonno) vasaio formidabile come un dio. In un antro come il tuo. Ho narrato a Michele che tu mi avevi detto di essere rimasto impressionato di una terracotta non dipinta in un magazzino di Mantova, da te vista. Forse di scuola del Mantegna.
Un’annunciazione di due figure distinte: e cioè — disse allora Provinciali —  “il grande coito”. Io non so se è così: se effettivamente vi fu tale impressione; o se si tratta di una pura invenzione, io dissi, di Nanni, intento a fare una terracotta non dipinta, con disegni o cartoni e certe prove che vidi, in una sua propria astrazione figurale di scultore grande e strano…
Certo pare che voglia formulare così dei nuovi vasi… Anche il Cranio che recentemente fa, per la sua ricostruzione, dell’uomo primordiale che era migliore di oggi, è forse un vaso… Siamo stati a chiacchierare così e i versi che ho tratti dalle visioni nell’antro di Valentini sono questi.
O forse questa torre di mattoni enuncia, pura fondazione di un vero difficile,
come Angelus novus, a una donna il corso di tali eventi che tutto il corpo trasformano?
che l’infiammano? che la fanno terra-madre di una vita diversa (futura)?
Qui certamente la madre è di fiamma. Nanni la concepisce con questo valore.
Non semplice manto, come ampliamento d’identità… Pur tale: un manto ampio.
Ma fremente, allargante, instabile, prolungato, spostato, mobile
di un’onda in sé, inquietissimo.
Alcuni elementi primi, così sono trattati da Nanni in queste forme:
la torre e la fiamma.
La madre, che è l’inquietudine.
Il paese d’origine.
Lo spirito della vita.
La veste della donna.
E il mattone, la costruzione, l’incertezza insieme.
L’annuncio e il silenzio.
ll colloquio.
La difficoltà di parlare.
Per testimoni della storia sono posti vicini i cocci, e siamo noi
e tutti questi sono vasi di un pensiero di arte fondamentale.

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